La Focaccia Genovese Ibrida ad Alta Idratazione - Ricetta definitiva
(20/08/2016)

Questa è un'altra ricetta sostituita, nel senso che esisteva una ricetta diversa con lo stesso nome, che invece è ora sostituita da questa. Chi seguisse un vecchio link alla precedente ora si troverebbe qui, e la ragione è semplicemente che questa versione della Focaccia Genovese Ibrida ad Alta Idratazione è decisamente migliore della precedente, almeno secondo il mio gusto.
Questa volta però, a differenza di altre ricette sostituite, la precedente non è stata eliminata, ma le è stato solo cambiato il nome, perché le differenze sono davvero molte e consistenti, tanto da renderle di fatto delle ricette diverse, anche se con lo stessa tipologia di prodotto come obiettivo. Anche quella precedente era decisamente una buona ricetta, e l'avevo fatta molte volte con soddisfazione sia mia che di chi l'ha assaggiata, ma quest'ultima assomiglia di più al mio obiettivo ideale, e quindi merita di avere la definizione che ha. La vecchia si può raggiungere al link Focaccia Genovese Ibrida.
Dopo questo discorso diventa ovvia la domanda: ma quali sono davvero le differenze?
Prima di tutto la farina usata. Nella ricetta precedente usavo una farina 00 Marino di notevole forza per una 00 normale (W 320), con una idratazione del 70% (perché quello riuscivo a fare) e una maturazione in frigo di 48 ore. Ora uso una Tipo 1, la Petra 3 del Molino Quaglia, dichiarata per pizze e focacce. Di questa farina non esistono specifiche tecniche, e ci ho messo del tempo per capire come gestirla, ma ora riesco a farle assorbire l'80% di idratazione grazie ad una autolisi prolungata. È però una farina ricca di enzimi, per cui una maturazione troppo lunga la indebolisce eccessivamente, e trovare il giusto equilibrio ha richiesto altro tempo. Anche la quantità di lievito e la lunghezza del riposo a temperatura ambiente prima della stesura hanno avuto bisogno di diverse prove. Quello che presento è al momento il migliore compromesso tra le diverse esigenze. Le foto sono di una esecuzione di questo periodo, ma la temperatura era diminuita di due-tre gradi, e ho potuto usare dosi e tempi come in periodi più freddi. È una ricetta abbastanza tollerante rispetto alle condizioni ambientali.
Come al solito, è un impasto diretto, e questa la composizione:

380 gr farina Petra 3 del Molino Quaglia
275 gr acqua Sant'Anna
15 gr vino bianco secco
15 gr olio EVO

9 gr sale
5 gr lievito di birra fresco
4 gr lecitina di soia in polvere

Esecuzione: metto in autolisi la farina impastata con 230 gr di acqua in frigo per 1h 30'. Meglio qualche minuto in meno che di più, perché è una farina con enzimi molto attivi a questo livello di idratazione. Metto anche in frigo per lo stesso tempo i rimanenti 45 gr di acqua in cui ho sciolto il lievito e la lecitina.
Alle farine in autolisi aggiungo l'acqua con lievito e lecitina e inizio ad impastare a velocità minima

Quando l'acqua è stata assorbita aggiungo il vino e poco dopo il sale. Passo a velocità 2 fino a che l'impasto si avvolge sul gancio, poi aggiungo l'olio a poco a poco continuando a velocità 2 per diversi minuti, fino a completa incordatura. Porto l'impasto sul marmo infarinato. È molto morbido ma gestibile, e gli faccio una serie di pieghe formando poi a pagnotta e mettendolo in ciotola

Lascio a temperatura ambiente per circa 20 minuti, poi metto la ciotola avvolta in un panno nella parte inferiore, e più fredda, del frigo (max 4 ºC). Il panno serve ad aumentare l'inerzia termica e ridurre gli sbalzi di temperatura per le inevitabili aperture del frigo.
Lascio in frigo per circa 30 ore, poi l'avvolgo a pagnottella piuttosto stretta e la metto su una teglia di ferro blu leggermente oleata. Pennello con olio anche la superficie dell'impasto per evitare la formazione di una crosta.


Lascio riscaldare per 2 ore e 30 minuti, poi inizio a stenderla partendo dal centro ed usando solo i polpastrelli. Allungo un poco gli angoli per vincere l'elasticità residua.

Lascio riposare per 30 minuti, poi effettuo i "buchi" premendo con i polpastrelli, e spargo un'emulsione fatta da 35 gr di acqua, 25 gr di olio e 6 gr di sale, specialmente nei buchi. Sarà il peso di questa emulsione ad impedire il rigonfiamento dei buchi durante la successiva lievitazione. Cospargo dei granelli di Sale Rosso delle Hawaii (del normale sale grosso da cucina andrebbe benissimo, ma questo dà un tocco cromatico) e lascio lievitare per un'ora


Inforno a 230 ºC, statico sopra e sotto e con la griglia piuttosto bassa, per 15 minuti. Per dare un poco più di colore metto ventilato per l'ultimo paio di minuti. Non sempre ce n'è bisogno. Questo il risultato

Conclusioni

Idratazione e uso della teglia in ferro come la teglia romana, trattamento e condimento come la focaccia genovese. Quantità di lievito e tempo di lievitazione in teglia intermedio tra le due. La qualità della farina fa poi il resto.
Mi va davvero bene così, croccante in superficie (più sopra che sotto) e sofficissima, quasi una nuvola, nell'interno con il sapore dato da una farina non troppo raffinata.

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